Ambienti di crescita
L’area che prendiamo in esame, relativamente uniforme dal punto di vista della geologia, comprende però alcuni ambienti profondamente differenti, sia per morfologia, sia per composizione del bosco, sia per quota. Sintetizzando si possono individuare 6 differenti situazioni che corrispondono ad altrettanti ambienti di crescita dei funghi: aree di espansione fluviale, bassi e medi versanti a bosco misto di latifoglie; bassi e medi versanti a castagneto; alti versanti a faggeta; alti versanti ad abete rosso; versanti a conifere di origine artificiale; alti versanti a prato-pascoli.
Sono aree assai ridotte in termini di superficie in quanto i corsi d’acqua di questa porzione di Appennino, con le classiche valli a V, non formano dei veri e propri fondivalle ma, semplicemente, l’ampiezza del torrente corrisponde all’area pianeggiante. Tuttavia, soprattutto nei pressi del corso d’acqua principale, il fiume Reno, vi sono piccole aree di espansione nelle quali si sviluppa la tipica vegetazione di greto che, negli altri casi, è relegata esclusivamente al perimetro dell’asta fluviale. Qui le specie arboree maggiormente presenti sono i salici, i pioppi e l’ontano. Pur non trattandosi di aree tipicamente dedicate alla raccolta dei funghi sono da segnalare per la presenza dell’ottimo piopparello (Agrocybe aegerita), delle morchelle (Morchella sp.) e dei chiodini (Armillaria mellea).
Si tratta indubbiamente di un ambiente molto esteso e di grande interesse per gli appassionati di funghi. Su questi versanti, spesso scoscesi e caratterizzati da una certa aridità estiva, dominano le tipiche specie del bosco misto di latifoglie di queste latitudini: castagno, cerro, roverella, carpino nero, nocciolo e orniello si accompagnano, nelle aree più umide, al frassino, al tiglio, al carpino bianco e agli aceri. Qui si trovano gran parte delle specie fungine di interesse: gli ovoli (Amanita caesarea), i porcini (soprattutto il Boletus aestivalis), i galletti (Cantharellus cibarius) ma anche molti altri Boletus, Russula, Amanita e Lactarius. Da segnalare in particolare, sotto carpino, la frequenza del porcinello grigio (Leccinum carpini) e, associato a specie appartenenti alle Rosaceae, il prugnolo (Calocybe gambosa) nei mesi primaverili. La peculiarità di queste porzioni di territorio, rispetto alla crescita dei funghi, risiede nella non regolarità delle fruttificazioni dovuta alla difficoltà di giungere alle condizioni ottimali per lo sviluppo dei funghi; così alcune annate sono particolarmente ricche mentre nella maggior parte degli anni i ritrovamenti sono occasionali o comunque localizzati.
Il castagneto da frutto, nel passato, occupava una superficie ben superiore all’attuale. Ad oggi i vecchi castagneti sono in gran parte abbandonati e invasi da altre specie; pochi sono quelli ancora mantenuti in condizioni ottimali per la raccolta delle castagne. Malgrado tutto però è questo uno degli ambienti più interessanti dal punto di vista micologico (il castagno è probabilmente la latifoglia più ricca di specie simbionti), perciò obiettivo di molti cercatori. Su questi versanti, di frequente meno acclivi rispetto a quelli considerati in precedenza, si trovano porcini in abbondanza (soprattutto Boletus aestivalis e Boletus edulis) e numerosi altri boleti, i galletti (Cantharellus cibarius), le russule come la morella (Russula cyanoxantha) e gli ovoli (Amanita caesarea). Tra i velenosi molto diffusa la bellissima Amanita muscaria, l’Amanita pantherina e la temibile Amanita phalloides. Frequenti i Lactarius, in particolare in estate il bianco e piccante Lactarius piperatus (peveraccio); numerosi, tra gli altri, i Tricholoma, i Cortinarius e gli Hebeloma.
Nei castagneti ancora oggi tenuti puliti i funghi sono relativamente facili da vedere; per questo è proprio qui che si rischia maggiormente di danneggiare le specie prelevando un numero troppo elevato di carpofori, limitandone la capacità di diffusione e perpetuazione.
È certamente questo l’ambiente maggiormente diffuso nell’area. Dai circa 1000 metri fino al limite superiore della vegetazione (1500-1700 m s.l.m.) la faggeta, pressoché in purezza, occupa tutti i versanti. La diffusione dei funghi in questo caso dipende molto dall’esposizione, dalla pendenza delle superfici, quindi dalla stabilità dei suoli, dalla quota e dalla stagione. In ogni caso il faggio, come il castagno, è una delle piante più ricche di funghi simbionti. Nelle faggete, dalla tarda estate all’autunno inoltrato, le fruttificazioni fungine sono abbondanti. Tra i porcini i più frequenti sono il Boletus edulis e il Boletus pinophilus (il rosso). Oltre i comuni galletti (Cantharellus cibarius) sono frequenti gli steccherini (Hydnum repandum), le trombette da morto (Craterellus cornucopioides), il prugnolo bastardo (Clitopilus prunulus) e il nebbione (Clitocybe nebularis); molto diffusi i Tricholoma, soprattutto il Tricholoma saponaceum. Numerose specie di Amanita (l’Amanita muscaria in alcuni periodi è frequentissima), di Cortinarius, di Russula, di Lactarius e di Ramaria, fanno da ornamento alla faggeta appenninica. Qui la lettiera di notevole spessore durante tutto l’anno – e in particolare d’autunno – protegge dagli occhi dei cercatori molti funghi che possono così disperdere al vento le loro spore.
È questa una situazione del tutto particolare in quanto è solo nei pressi dell’Abetone che esiste un bosco di origine naturale di abete rosso (Picea abies), il più meridionale di tutta Europa che trova qui condizioni edafiche e climatiche ottimali; per questo è stata costituita la Riserva naturale di Campolino. Qui l’abete rosso, l’abete bianco e il faggio si mescolano formando un bosco misto di grande valore paesaggistico e naturalistico. Su versanti non eccessivamente acclivi, che assumono per certi versi un carattere prettamente alpino, sono numerose le specie fungine micorriziche che possono essere reperite. Russulaceae e Boletaceae sono tra le famiglie più rappresentate. Si tratta di territori ricchi di funghi pregiati come Boletus edulis, Boletus pinophylus, Cantherellus cibarius, Russula cyanoxantha e in primavera il cosiddetto “dormiente” Hygrophorus marzuolus. Assai frequenti in tarda estate-inizio autunno le fantastiche “fioriture” di Amanita muscaria.
Questi ambienti, che occupano una superficie ridotta, sono molto variabili tra loro per diversi motivi. I rimboschimenti artificiali con conifere sono stati effettuati in piccoli nuclei attorno alle vecchie borgate, su terreni un tempo coltivati o, in quota, sugli alti versanti appenninici. È tra questi che vogliamo ricordare i boschi bellissimi della Foresta del Teso. Le specie utilizzate non sono sempre le stesse: tra le più frequenti il pino nero, l’abete bianco e l’abete rosso, la douglasia. Ovviamente i funghi che si possono reperire in tali ambienti dipendono dalle caratteristiche suddette. In questa sede si segnala solo la possibilità di trovare, nelle abetine, bellissimi porcini dal gambo assai robusto e dal peso ragguardevole, appartenenti alla specie Boletus edulis, il dormiente (Hygrophorus marzuolus) e il bellissimo Tricholomopsis rutilans.
A quote superiori ai 1500-1700 metri, a seconda delle zone, la faggeta lascia repentinamente il posto ai prato-pascoli d’alta quota e di crinale. Non sono certo aree nelle quali abbondino i cercatori di funghi (magari l’obiettivo sono i mirtilli) ma alcune specie sono tipiche proprio di questi ambienti. È qui che crescono diverse specie di vescie (Bovista sp., Calvatia sp., Lycoperdon sp., Langermannia sp.), di Melanoleuca e, soprattutto, di prataioli (Agaricus sp.). Tra i mirtilli al margine della faggeta, in alcune annate, si trovano fantastici porcini (Boletus edulis).